Una volta i ricchi del mondo venivano in Italia a fare il Grand Tour: potevano restare mesi o anche di più, prendevano casa nelle città d’arte e infine ripartivano con tanti ricordi, impressioni ed esperienze.
Nel Settecento il buon Goethe ha raccontato fin nei minimi dettagli il suo viaggio, per cui oggi sappiamo che così come amava l’arte e l’architettura, allo stesso modo apprezzava gli angoli sperduti di natura, come il lago di Garda, dove ancora oggi si organizzano passeggiate sui suoi passi.
Stendhal scrisse un intero libro su Roma, Napoli e Firenze, ma sappiamo che la sua città italiana preferita era Milano. A fine Ottocento a Mark Twain l’Italia proprio non piacque: in base a quanto scrisse nel suo diario di viaggio “The innocent abroad”, il ‘troppo passato’ non era di suo gusto, trovando, per esempio, Venezia decadente e puzzolente (chissà cosa ne direbbe oggi). In ogni caso, non rinunciò a visitare anche Napoli, Roma e Firenze, salvo poi concludere che a tutte le città d’arte preferiva i paesaggi, come quello del lago di Como.
Nel Novecento tanti scrittori italiani si sono alternati per le strade italiane, producendo resoconti a volte affascinanti, altre volte davvero deprimenti. Negli anni Trenta, per esempio, Carlo Emilio Gadda, non solo attraversò gran parte dell’Italia con lo scopo di scrivere dei reportage, ma fu attratto anche da mete un po’ originali, che facevano leva sulla sua formazione da ingegnere. Così, per esempio, si appassionò molto alla neonata Funivia del Gran Sasso, vicino a L’Aquila, che descrisse fin nei più dettagliati particolari tecnici. Negli anni Cinquanta anche lo scrittore Guido Piovene intraprese un lungo viaggio nelle regioni italiane: tre anni, dal ’53 al ’56, dedicati a registrare programmi radiofonici per la Rai e da cui poi trasse l’appassionante “Viaggio in Italia”. La Lombardia bellissima, Parma la francese, il declino di Napoli, sono alcuni fra i luoghi che lo interessarono.
Oggi che gli scrittori di viaggio si sono specializzati e moltiplicati, anche i filosofi si avvicinano al tema, come Alain De Botton che nel suo divertente “L’arte di viaggiare” nota con ironia come a volte succede che l’idea di quello che si vedrà sia più bella e soprattutto meno faticosa dell’andarci vero e proprio. Cosa che, di certo, non aveva pensato Ernest Hemingway che arrivò dagli USA con la Croce Rossa durante la Prima Guerra Mondiale e visse a lungo sul fronte di guerra in Veneto e Friuli: le pagine di “Addio alle armi” esprimono un grande amore per quei luoghi ma anche per tutta l’Italia, persino quella che ancora non conosceva.